Donatella Caprioglio, psicologa dell’abitare: "La casa riflette l’importanza che diamo a noi stessi e ai nostri bisogni"
Tutela immobili ha intervistato Donatella Caprioglio, psicologa, psicoterapeuta e scrittrice. È specialista dell’infanzia e docente universitaria in Italia e in Francia. Ha creato in Italia, Francia, Polonia e Vietnam dei centri di accoglienza e ascolto chiamati "La Porta Verde" per genitori e bambini. Da sempre impegnata a creare una cultura di prevenzione dei disturbi infantili, ha fondato anche i "Caffè con i genitori". Ha introdotto la psicologia dell’abitare, quale disciplina che aiuta a capire, migliorare e curare, attraverso gli spazi, il nostro mondo interiore. È autrice di numerosi libri, tradotti e pubblicati anche in altri paesi.
Di cosa si occupa la psicologia dell'abitare?
"La psicologia dell’abitare è una disciplina nuova, che nasce più di dieci anni fa da un mio desiderio, condiviso con altri colleghi, di riflettere sul nostro modo di vivere gli spazi, sul senso dello stare nello spazio e nella nostra casa. La psicologia dell’abitare parte dalla metafora della casa, ossia abitare uno spazio domestico, e arriva all’abitare se stessi. Il primo abitare è nel ventre di nostra madre. Io sono una psicoterapeuta dei bambini dagli 0 ai 3 anni; questo è il momento della costruzione dell’identità. Nel corso della mia esperienza ho scoperto che molte patologie della primissima infanzia, per esempio problemi con il sonno o con l’alimentazione, provocano nei bambini, una volta adulti, delle difficoltà ad abitare se stessi e gli spazi intorno a loro. In altri termini come abiti la tua casa così abiti te stesso. La nostra casa riflette quello che amiamo, a volte anche quello che non amiamo ed i nostri blocchi. Partendo dalla patologia, dalla difficoltà di abitare se stessi e gli spazi, mi sono appassionata e focalizzata sulla psicologia dell’abitare".
In base alla Sua esperienza, quali benefici può apportare la psicologia dell'abitare nelle nostre case?
"La consapevolezza prima di tutto dei nostri bisogni. Occorre chiedersi: "Di cosa abbiamo bisogno?". Noi abbiamo la necessità di soddisfare i nostri bisogni essenziali, come mangiare e curare il corpo. Per esempio nella cucina vediamo il rapporto che abbiamo con il cibo, mentre nel bagno quello con il nostro corpo. La psicologia dell’abitare fa vedere i nostri bisogni, dandoci gli strumenti per capire, fra cui le domande. Queste ultime aprono delle porte. Stare bene in una casa significa trovare coordinate spaziali che corrispondano a bisogni interiori. Molto spesso questo non accade perché non c’è ancora piena consapevolezza di quanto lo spazio fisico possa avere echi profondi sul vissuto e di quanto la storia personale possa condizionare il modo di percepire lo spazio fisico".
È solita affermare "Abitare è abitarsi". Cosa significa?
"È incredibile come comprare, cambiare, ristrutturare e riorganizzare la propria casa sia riparare se stessi. Lo spazio non è mai solo fisico, è anche mentale. "Abitare è abitarsi" significa scoprire qualcosa di nuovo di noi attraverso lo spazio che abitiamo. È trovare una corrispondenza tra mura esterne e pareti interiori. Ci sono tanti momenti in cui una persona si trova a che fare con un cambiamento dello spazio in cui vive. Molti cambiano casa, altri hanno necessità di modificarla. Questa è una buona occasione per chiedersi: "Che cosa voglio?" e anche "Che cosa non voglio?". Io per esempio sto risistemando casa e quindi devo cambiare qualcosa di me. È interessante tutto questo. È una riscoperta di sé, ho mille idee e sono molto confusa, ascolto molti pareri e sento che, prima di avvalermi di un professionista, devo arrivarci da sola, a partire dai miei bisogni. È un tempo, quello che sto vivendo, che riflette un cambiamento. Cambiare uno spazio è sempre metaforico di un cambiamento interno".
In che modo la casa può impattare sul benessere di un individuo?
"Totalmente, poiché noi abbiamo sempre più bisogno di stare bene e l’ambiente influisce sempre, sin da piccoli. Tutti ci ricordiamo delle case della nostra infanzia. Questo perché quando siamo piccoli siamo molto percettivi e abbiamo l’esigenza di muri per riconoscerci in quanto l’ambiente dove ci sentiamo bene, ci fa stare bene. Chiediamoci: "Perché una casa ci fa stare bene?". Lo spazio non risponde a criteri di bellezza "estetica" ma a bisogni interiori. Faccio sempre l’esempio della camera degli adolescenti, dove il giovane si trova benissimo, mentre il genitore si spaventa. La stanza disordinata rappresenta lo spazio mentale dell’adolescente, che è caotico, e quindi lui sta bene e ha necessità di stare in una camera così disposta. L’adolescente chiude la porta e guai a chi entra".
Qual è il primo passo per trasformare la propria casa in alleata e strumento di benessere?
"Intanto guardare la nostra casa e capire se stiamo bene. Facendoci delle domande, perché se stiamo bene, siamo a posto, altrimenti occorre chiedersi: "Come mai non riesco a stare bene in questa stanza?". La casa ha degli aspetti simbolici. La cucina, per esempio, rappresenta l’oralità, il nostro rapporto con il cibo, il quale viene da molto lontano, dalla prima volta che ci siamo nutriti con il latte di nostra madre. Non è sempre facile percepire il nostro sentire, comprendere quello che ci piace o ci disturba. Per ogni periodo di vita ci sono dei bisogni essenziali. Non siamo tutti uguali ma lo sviluppo psicologico di un individuo, dalla primissima infanzia alla tarda età, ci accomuna. Per questo motivo mi occupo anche di prevenzione e di aiuto ai genitori. Inoltre è importante avere uno spazio, un angolo, o una poltrona per sé nelle nostre case. Ci sono tante persone, soprattutto le mamme, che non lo hanno. Questo non va bene. Ognuno deve avere il proprio spazio in cui stare per conto proprio. La casa riflette l’importanza che diamo a noi stessi e ai nostri bisogni".
I prossimi 17 febbraio e 3 marzo, si terranno due incontri online da Lei condotti e promossi in collaborazione con Tutela immobili denominati "I caffè dell'abitare". In cosa consistono e quali opportunità per i partecipanti?
"I caffè dell'abitare sono dei bellissimi incontri, degli spazi mentali, che ho predisposto durante il Covid perché come terapeuta sentivo l’esigenza di portare un ascolto ad un’angoscia collettiva. Io di solito cominciavo con una introduzione sulla psicologia dell’abitare, poi le persone chiedevano e naturalmente una domanda tira l’altra. Sono situazioni in cui la parola è rispettata, non viene divulgata. Le persone possono aprirsi e in genere lo facevano tutti, ma non è naturalmente obbligatorio, perché l’ascolto è già importante. Essendo online, in qualche modo si entra già nelle stanze delle persone, ed è molto protettivo perché si sta a casa, si può bere una tazza di tè durante l’incontro, ci si può alzare un attimo, non è faticoso ed è anche formativo. È un’opportunità per parlare di case e, in fondo, parlare di noi".
Per maggiori informazioni sugli incontri clicca qui.
Si ringrazia Donatella Caprioglio, autrice di numerose pubblicazioni fra cui: "Mura sensibili", "Nel cuore delle case", "Padri e figlie", "L’amore inabitabile", "La parola ai bambini" e "Un’altra donna".